1. Il messaggio che traspare dal tuo lavoro “DentroTerra”, pur essendo molto legato ai luoghi fotografati, si può traslare in molte realtà rurali nostrane. Realtà che posseggono una poetica millenaria ed una dignità rara ma sempre più anziane ed isolate. Realtà da cui, te ne sei un esempio, i giovani fuggono. Raccontare questi luoghi tramite la fotografia, la narrativa, il videomaking, può aiutare a fermare questa emorragia oltre che conservarne la memoria?
L’emorragia dell’Italia minore credo difficilmente possa arrestarsi per via di progetti documentali legati al territorio e alle tradizioni ma possono sensibilizzare il pubblico alle tematiche quali spopolamento e le mancanza di politiche di rilancio efficaci. Trovo che gli appennini racchiudano la parte più poetica ed essenziale della nostra nazione che si conserva, suo malgrado, grazie proprio alla lontananza delle sirene del consumismo e del moderno. C’è tanto da riscoprire e i progetti documentali, di qualsiasi natura, trovo possano essere di aiuto sia per la crescita personale dell’autore che del pubblico.
2. In “DentroTerra” racconti luoghi e terre che ben conosci, è stato un aiuto o un ostacolo?
È stato di aiuto, eccome. Credo muovere i primi passi in un territorio che ben conosci e che parla la tua stessa lingua sia fondamentale per mettere alla prova le proprie capacità autoriali e aiutare a sviluppare la personalità e la visione di un fotografo. Innamorarsi delle proprie storie è basilare e quelle personali hanno una marcia in più rispetto alle altre che risponde al nome di passione.
3. Nei tuoi lavori, ricordiamo anche “196-the-pioneers-of-resurrection”, ti sei creato una struttura narrativa previsualizzando il racconto che volevi scrivere? Oppure hai seguito l’istinto e ricostruito la storia in fase di editing?
Il lavoro sul movimento transumanista russo è la sublimazione di tutto quello che ho imparato a livello teorico negli anni passati, riuscendo finalmente a mette in pratica molti degli insegnamenti ricevuti e lavorando al concept della storia prima della fase di realizzazione. Prima di iniziare un nuovo lavoro bisogna essere coscienti delle tematiche che si affrontano e dei punti cardine che formeranno l’arco narrativo. La fotografia, intesa come corpo di lavoro, è sempre figlia di un pensiero.
4. Come si è evoluto il Nucci fotografo?
Si è evoluto prima lavorando su se stesso e sugli aspetti deficitari del proprio carattere e del personale bagaglio di conoscenze, poi mettendosi alla prova con sfide personali e professionali adatte a capire se poter aspirare o meno a poter diventare un professionista. Il mestiere di fotogiornalista richiede una forma mentis e una dedizione costante che va ben oltre il singolo clic.
5. Perchè la masterclass del WSP? tramite video con il cellulare.
Perchè non c’è modo migliore di iniziare a muovere i primi passi e poter approcciare ad una storia con il supporto di professionisti del settore, preparati e in grado di poter indirizzare il lavoro di un fotografo ancora acerbo e mancante della visione di insieme che questa professione richiede. La WSP masterclass è il viaggio lungo un anno di un gruppo di persone che si confrontano e lavorano per lo stesso traguardo. Oltre a poter rappresentare l’inizio di un percorso lavorativo è senza dubbio un grande motivo di crescita dal punto di vista umano.
Giuseppe Nucci è un fotografo documentarista con base a Roma. Ha frequentato la WSP Masterclass e con il suo lavoro, “Dentro Terra”, ha esposto durante Fotoleggendo 2017.
Intervista a cura di Massimiliano Tempesta – WSP Photography